<< L'Incoerenza mina la credibilità della Chiesa>>- Tratto dall'Omelia di Papa Francesco del 14 Aprile 2013

15.04.2013 10:02

 

«L'incoerenza mina 
la credibilità
della Chiesa»
 
Il Signore “ci invia ad annunciarlo con gioia come il Risorto”. E’ un forte invito alla testimonianza con la parola e con la vita, che Papa Francesco rivolge nella Messa presieduta ieri pomeriggio in occasione della sua prima visita alla Basilica di San Paolo fuori le Mura. A concelebrare con lui anche Dom Edmund Power, padre Abate dell’Abbazia di San Paolo e il cardinale James Michael Harvey, arciprete della Basilica papale, che gli ha rivolto un indirizzo di saluto. Numerosi i presenti. All’inizio il Pontefice è sostato in preghiera al Sepolcro di San Paolo e ha incensato il Trophæun dell’Apostolo. Il servizio di 
 
San Paolo ha annunciato il Signore con la parola, lo ha testimoniato con il martirio e lo ha adorato con tutto il cuore. Partendo dalla figura dell’Apostolo delle Genti, di Pietro e degli altri Apostoli, l’omelia di Papa Francesco si dipana su 3 verbi: “annunciare, testimoniare, adorare”. Riferendosi alla prima lettura, il Papa ricorda come gli Apostoli annuncino con coraggio quello che hanno ricevuto. Non li ferma il comando di tacere, non li ferma l’”essere flagellati” o “il venire incarcerati”. “E noi?”, si chiede il Papa:
“Sappiamo parlare di Cristo, di ciò che rappresenta per noi, in famiglia, con le persone che fanno parte della nostra vita quotidiana? La fede nasce dall’ascolto, e si rafforza nell’annuncio”.
 
L’incontro con Cristo dà una direzione nuova e dunque gli Apostoli rendono testimonianza anche con la vita. Nel Vangelo proclamato Cristo ricorda a Pietro che quando sarà vecchio, un altro lo porterà dove lui non vuole:  “E’ una parola rivolta anzitutto a noi Pastori: non si può pascere il gregge di Dio se non si accetta di essere portati dalla volontà di Dio anche dove non vorremmo, se non si è disposti a testimoniare Cristo con il dono di noi stessi, senza riserve, senza calcoli, a volte anche a prezzo della nostra vita. Ma questo vale per tutti: il Vangelo va annunciato e testimoniato”.
 
Come in un “grande affresco” vi sono tanti colori e sfumature, così certamente anche la testimonianza della fede ha tante forme. “Nel grande disegno di Dio” – afferma - ogni dettaglio è importante, anche la tua, la mia piccola e umile testimonianza, anche quella nascosta di chi vive con semplicità la sua fede nella quotidianità dei rapporti di famiglia, di lavoro, di amicizia”. 
 
“Ci sono i santi di tutti i giorni”, “i santi nascosti”, “una sorta di classe media della santità, come diceva uno scrittore francese”, “di cui tutti possiamo fare parte” ma, rileva ancora, “in varie parti del mondo c’è anche chi soffre, come Pietro e gli Apostoli a causa del Vangelo; c’è chi dona la sua vita per rimanere fedele a Cristo con una testimonianza segnata dal prezzo del sangue”. “Ricordiamolo bene tutti”, dice Papa Francesco: “non si può annunciare il Vangelo di Gesù senza la testimonianza concreta della vita. Chi ci ascolta e ci vede deve poter leggere nelle nostre azioni ciò che ascolta dalla nostra bocca e rendere gloria a Dio!”: “Mi viene in mente adesso un consiglio che San Francesco di Assisi dava ai suoi fratelli: “Predicate il Vangelo e, se fosse necessario, anche con le parole”. Predicare con la vita, la testimonianza. L’incoerenza dei fedeli e dei Pastori tra quello che dicono e quello che fanno, tra la parola e il modo di vivere mina la credibilità della Chiesa”.
 
Ma annunciare e testimoniare sono possibili solo se “siamo vicini a Lui”. “Questo è un punto importante per noi”, dice il Papa: “vivere un rapporto intenso con Gesù, un’intimità di dialogo e di vita”. “Vorrei che ci ponessimo tutti una domanda: Tu, io, adoriamo il Signore?”, chiede Papa Francesco ricordando cosa significhi adorare il Signore: “fermarci a dialogare con Lui”, “credere, non semplicemente a parole, che Lui solo guida veramente la nostra vita”, “vuol dire – prosegue il Papa – che siamo convinti davanti a Lui che è il solo Dio, il Dio della nostra vita, della nostra storia”. Fare questo, spiega, ha una come conseguenza nella nostra vita di spogliarci dei “tanti idoli piccoli e grandi” nei quali molte volte “riponiamo la nostra sicurezza” e che spesso teniamo ben nascosti come “l’ambizione, il carrierismo, il gusto del successo, il mettere al centro se stessi, la tendenza a prevalere sugli altri, la pretesa di essere gli unici padroni della nostra vita” e ancora “qualche peccato a cui siamo legati, e molti altri”: “Questa sera vorrei che una domanda risuonasse nel cuore di ciascuno di noi e che vi rispondessimo con sincerità: ho pensato io a quale idolo nascosto ho nella mia vita, che mi impedisce di adorare il Signore? Adorare è spogliarci dei nostri idoli anche quelli più nascosti, e scegliere il Signore come centro, come via maestra della nostra vita”.
 
Ieri grande folla di fedeli, almeno 80mila, anche ieri in Piazza San Pietro per il Regina Caeli di Papa Francesco in una stupenda giornata primaverile. Al centro del discorso del Pontefice la pagina degli Atti degli Apostoli che si legge nella Liturgia di questa Terza Domenica di Pasqua. 
 
"Cari fratelli e sorelle, buongiorno!". 
E' il saluto ormai consueto con cui il Papa si rivolge ai tanti fedeli riuniti in Piazza San Pietro. La pagina biblica citata dal Pontefice riferisce che "la prima predicazione degli Apostoli a Gerusalemme riempì la città della notizia che Gesù era veramente risorto, secondo le Scritture, ed era il Messia annunciato dai Profeti". I sommi sacerdoti e i capi della città cercano di stroncare sul nascere la comunità dei credenti e fanno imprigionare gli Apostoli, ordinando loro di non insegnare più nel suo nome. Ma Pietro e gli altri Undici rispondono: «Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini. Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù … lo ha innalzato alla sua destra come capo e salvatore… E di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo»". Gli Apostoli vengono flagellati e gli viene nuovamente imposto "di non parlare più nel nome di Gesù". Ma essi se ne vanno, "lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi" a causa del Signore.
Il Papa si chiede dove abbiano trovato i primi discepoli "la forza per questa testimonianza" e da dove venisse "la gioia e il coraggio dell’annuncio, malgrado gli ostacoli e le violenze". "Non dimentichiamo - ha affermato il Papa - che gli Apostoli erano persone semplici, non erano scribi, dottori della legge, né appartenenti alla classe sacerdotale.