Don Lorenzo Milani

Don Lorenzo Milani

 

 

Don Lorenzo Milani Comparetti (Firenze27 maggio 1923 –

 Firenze26 giugno 1967)

è stato uno scrittore,

 insegnantesacerdote ed educatore italiano.

Figura controversa della

 Chiesa cattolica negli anni cinquanta e sessanta,

discepolo di don Giulio Facibeni,

viene ora considerato una figura di riferimento

per il cattolicesimo socialmente impegnato

di stampo progressista per il suo impegno civile

nell'educazione dei poveri, la sua

difesa dell'obiezione di coscienza

e per il valore pedagogico della sua

esperienza di maestro.

 

« Il giorno che avremo sfondato insieme

la cancellata di qualche parco, 

installato la casa dei poveri nella reggia del ricco,

ricordati Pipetta, quel giorno ti tradirò,

quel giorno finalmente potrò cantare l'unico grido

di vittoria degno di un sacerdote di Cristo,

beati i poveri perché il regno dei cieli è loro.

Quel giorno io non resterò con te,

io tornerò nella tua casuccia piovosa e puzzolente

a pregare per te davanti al mio Signore crocifisso. »

  ("Lettera a Pipetta", scritta a un giovane comunista)

 

 

 

 

Lorenzo Milani Comparetti era figlio

di un'agiata famiglia di intellettuali fiorentini,

secondogenito di Albano Milani e Alice Weiss,

pronipote del filologo Domenico Comparetti

e di sua moglie Elena Raffalovich, sostenitrice e creatrice

di giardini d'infanzia froebeliani, e nipote di Luigi Adriano Milani.

Ragazzo vivace e intelligente, coltivò la passione per la pittura,

studiando prima come privato, poi a Milano all'Accademia di Brera.

Nell'estate del 1942, durante

una vacanza a Gigliola (Montespertoli),

Lorenzo decise di affrescare una cappella;

durante i lavori rinvenne un vecchiomessale

la cui lettura lo appassionò notevolmente.

Successivamente,

al ritorno a Milano, si interessò di liturgia.

Questo probabilmente fu il suo

primo vero contatto con il cristianesimo,

dato che la sua famiglia non era mai stata religiosa,

quando non espressamente anticlericale.

I Milani avevano battezzato i loro figli solo

per paura di ripercussioni in epoca fascista,

dato che la madre Alice era ebrea,

anche se non-credente.

Lorenzo lo chiamò sempre il suo "battesimo fascista".

Nel giugno del 1943 Lorenzo si convertì.

L'inizio di questa svolta fu il colloquio, avvenuto in modo casuale,

con don Raffaele Bensi,

che in seguito fu il suo direttore spirituale.

Le circostanze della sua conversione

sono sempre rimaste piuttosto confuse

e oscure, e sembra che non ci sia stato nessun

evento specifico che abbia provocato la conversione

del giovane Lorenzo, anche se egli era

probabilmente in uno stato di ricerca spirituale da vario tempo.

Il 12 giugno dello stesso anno

fu cresimato dal cardinale Elia Dalla Costa.

Il 9 novembre 1943 entrò nel seminario

di Cestello in Oltrarno. Il periodo del seminario

fu per lui piuttosto duro, poiché Lorenzo Milani

cominciò fin dall'inizio a scontrarsi con la mentalità

della Chiesa e della curia: non riusciva a comprendere

le ragioni di certe regole, prudenze, manierismi

che ai suoi occhi erano lontanissimi

dall'immediatezza e sincerità del Vangelo.

Fu ordinato sacerdote nel duomo di Firenze il 13 luglio 1947

dal cardinale Elia Dalla Costa.

 

Venne inviato come coadiutore

San Donato di Calenzano, vicino a Firenze,

dove lavorò per una scuola popolare di operai e strinse amicizia

con altri sacerdoti come Danilo Cubattoli,

Bruno Borghi e Renzo Rossi.

Gli fu amico e collaboratore il calenzanese Agostino Ammannati,

che insegnava lettere nel liceo classico Cicognini a Prato.

Negli anni a Calenzano scrisse Esperienze Pastorali,

che ebbe una forte eco per i suoi contenuti eterodossi:

secondo lo scrittore tradizionalista Rino Cammilleri

papa Giovanni XXIII, venutone a conoscenza,

avrebbe definito l'autore addirittura

come «un pazzo scappato da un manicomio».

Nel libro don Milani suggeriva di svincolare

la Chiesa dal soffocante abbraccio della D.C. -

un partito cristiano che aveva fallito

la sua missione - con il disimpegno dalla politica

in favore di un’azione puramente pastorale.

Parli dunque il prete di governi e di politica,

ma solo per criticarli.

Mostri al cristiano soltanto quanto lontano egli sia

dall’ideale altissimo del cristianesimo e

mai lodi le realizzazioni terrene dei cattolici che […]

 saranno sempre terribili parodie dell’ideale”.

Le autorità ecclesiastiche

faranno ritirare il libro dal commercio.

Nel dicembre del 1954, a causa di screzi con

la Curia di Firenze, venne mandato a Barbiana,

minuscolo e sperduto paesino di montagna

nel comune di Vicchio, in Mugello,

dove iniziò il primo tentativo di scuola a tempo pieno,

espressamente rivolto alle classi popolari,

dove, tra le altre cose, sperimentò il metodo della scrittura collettiva.

La sua scuola era alloggiata in un paio di stanze

della canonica annessa alla piccola chiesa di Barbiana,

un paese con un nucleo di poche case intorno alla chiesa

e molti casolari sparsi sulle pendici del monte Giovi:

con il bel tempo si faceva scuola all’aperto sotto il pergolato.

La scuola di Barbiana era un vero e proprio collettivo

dove si lavorava tutti insieme e la regola principale era che

chi sapeva di più aiutava e sosteneva chi sapeva di meno, 365 giorni all’anno.

Opera fondamentale della scuola di Barbiana è Lettera a una professoressa (maggio 1967),

in cui i ragazzi della scuola (insieme a Don Milani)

denunciavano il sistema scolastico

e il metodo didattico che favoriva l'istruzione

delle classi più ricche (i cosiddetti "Pierini"),

lasciando la piaga dell'analfabetismo in gran parte del paese.

La Lettera a una professoressa fu scritta

negli anni della malattia di don Milani.

Alla sua morte il libro ricevette un incremento di vendite incredibile,

diventando uno dei moniti del movimento studentesco del '68.

Altre esperienze di scuole popolari sono nate nel corso degli

anni basandosi sull'esperienza di Don Lorenzo e sulla Lettera a una professoressa.

Fu Don Milani ad adottare il motto "I care",

letteralmente m'importa,

ho a cuore 

(in dichiarata contrapposizione al "Me ne frego" fascista),

che sarà in seguito fatto proprio da numerose

organizzazioni religiose e politiche.

Questa frase scritta su un cartello all'ingresso

riassumeva le finalità educative

di una scuola orientata alla presa

di coscienza civile e sociale.

Lorenzo Milani morì verso la fine di giugno del 1967

a causa di un linfogranuloma.

Fu tumulato nel piccolo cimitero poco lontano

dalla sua chiesa e scuola di Barbiana.

Molti dei suoi ragazzi sono ancor oggi

impegnati nei sindacati o nella politica

Francesco Gesualdi, autore delle principali

guide italiane al consumo critico

e fondatore del Centro Nuovo Modello di Sviluppo è uno di questi.

Per i suoi scritti (ad esempio L'obbedienza non è più una virtù),

e per affermazioni come «Io reclamo il diritto di dire

che anche i poveri possono e debbono combattere i ricchi»

venne incluso nel novero dei cosiddetti 

cattocomunisti, definizione spesso denigratoria,

attribuita allora a un prete scomodo,

che al contrario si era sempre opposto con i suoi scritti

e con le sue parole a qualsiasi tipo

di dittatura e di totalitarismo, incluso il Comunismo.

In seguito a un suo scritto in difesa dell'obiezione di coscienza

(pubblicato dal settimanale Rinascita il 6 marzo 1965),

dove ancora una volta si distaccava

dall'insegnamento e dalla tradizione cattolica,

venne processato per apologia di reato e

assolto in primo grado,

ma morì prima che fosse emessa la sentenza di appello.

 La sentenza di appello per Don Milani invece dichiarò

il reato estinto per morte del reo.

Oltre a Esperienze Pastorali, che fu ritirato pochi mesi dopo

la pubblicazione nonostante avesse ottenuto l’imprimatur,

sono memorabili nel campo dell’educazione i figli dell'esperienza di Barbiana: 

L'obbedienza non è più una virtù

(a cura di Carlo Galeotti, contiene documenti sul processo a Don Milani, 1965) e 

Lettera a una professoressa (1967). Questi testi sono stati scritti

collettivamente insieme a tutti i ragazzi che frequentavano la scuola.

Le carte originali di Don Milani sono custodite presso

la Fondazione Giovanni XXIII (già Istituto per le Scienze Religiose) di Bologna,

presso laFondazione don Lorenzo Milani di Firenze e presso

l'Istituzione Centro di Documentazione Don Lorenzo Milani e Scuola di Barbiana, aVicchio.

Opere

  • L'obbedienza non è più una virtù. Documenti del processo di Don Milani, Firenze, Libreria Editrice Fiorentina, 1965.
  • Obiezione di coscienza, Vicenza, La locusta, 1965.
  • Lettera a una professoressa, come Scuola di Barbiana, Firenze, Libreria Editrice Fiorentina, 1967.
  • Perché tacere?, Vicenza, La locusta, 1968, a cura di R. Colla, già pubbl. in Espresso-colore
  • Lettere di don Lorenzo Milani priore di Barbiana, a cura di Michele Gesualdi, Mondadori, Milano 1970
  • Lettere alla mamma, a cura di Alice Comparetti Milani, 
  • Lettere in un'amicizia, 28 inediti a cura del destinatario Gian Carlo Melli,
  • Scritti, a cura di G. Riccioni, introduzione di E. Balducci, Manzuoli, Firenze 1982
  • Il catechismo di don Lorenzo Milani, documenti e lezioni di catechismo secondo uno schema storico
  • il vangelo come catechismo, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1985
  • La carta della Terra santa, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1986
  • L'obbedienza non è più una virtù e gli altri scritti pubblici
  • Don Milani il prete rosso, a cura di Carlo Galeotti, Stampa Alternativa, Roma 1999
  • La ricreazione è finita, a cura di Carlo Galeotti, Stampa Alternativa, Roma 1999
  • Una lezione alla scuola di Barbiana. Documenti e inediti
  • La parola fa eguali. Documenti e inediti, a cura di Michele Gesualdi, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 2005
  • La ricreazione, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 2006
  • Lettera a una professoressa edizione speciale 40 anni dopo, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 2007
  • A che serve avere le mani pulite se si tengono in tasca, prefazione di Roberta De Mo

 

 

Vi propongo uno stralcio di "lettera ad una professoressa" di don Lorenzo Milani


< Cercavano perfino di copiare.

 Gli ci volle del tempo per capire che non c'era registro. 
Anche sul sesso gli stessi sotterfugi.

Credevano che bisognasse parlarne di nascosto.

Se vedevano un galletto su una gallina si davano le gomitate

come se avessero visto un adulterio. 

Comunque sul principio era l'unica materia

scolastica che li svegliasse. 
Avevamo un libro di anatomia.

Si chiudevano a guardarlo in un cantuccio. 
Due pagine erano tutte consumate. 

Più tardi scoprirono che son belline anche le altre.

Poi si accorsero che è bella anche la storia. 
Qualcuno non s'è più fermato.

Ora gli interessa tutto. Fa scuola ai più piccini,

è diventato come noi. 
Qualcuno invece siete riusciti

a ghiacciarlo un'altra volta. 

Delle bambine di paese non ne venne neanche una.

Forse era la difficoltà della strada. Forse la mentalità dei genitori. 

Credono che una donna possa vivere anche con un cervello di gallina.

I maschi non le chiedono di essere intelligente. 

E' razzismo anche questo. Ma su questo punto non abbiamo nulla da rimproverarvi.

 Le bambine le stimate più voi che i loro genitori. 

Sandro aveva 15 anni. Alto un metro e settanta, umiliato, adulto.

I professori l'avevano giudicato un cretino.

Volevano che ripetesse la prima per la terza volta. 

Gianni aveva 14 anni. Svagato, allergico di natura.

I professori l'avevano sentenziato un delinquente.

E non avevano tutti i torti,

ma non è un motivo per levarselo di torno. 

Né l'uno né l'altro avevano intenzione di ripetere.

Erano ridotti a desiderare l'officina.

Sono venuti da noi solo perché noi ignoriamo

le vostre bocciature e mettiamo ogni ragazzo

nella classe giusta per la sua età. 

Si mise Sandro in terza e Gianni in seconda.

E' stata la prima soddisfazione scolastica della loro povera vita. 

Sandro se ne ricorderà per sempre. 

Gianni se ne ricorda un giorno sì e uno no. 

La seconda soddisfazione fu

di cambiare finalmente programma. 

Voi li volevate tenere fermi alla ricerca della perfezione.

Una perfezione che è assurda perché il ragazzo sente le stesse cose

fino alla noia e intanto cresce. Le cose estano le stesse, ma cambia lui.

Gli diventano puerili tra le mani. 

Per esempio in prima gli avreste detto riletto per la seconda

o terza volta la Piccola Fiammiferaia e la neve che fiocca fiocca fiocca.

Invece in seconda ed in terza leggete roba scriba per adulti. 
Gianni non sapeva mettere l'acca al verbo avere.

Ma del mondo dei grandi sapeva tante cose.

Del lavoro, delle famiglie, della vita del paese. 

Qualche sera andava col babbo alla sezione comunista

o alle sedute del Consiglio Comunale. 
Voi coi greci e coi romani gli avete fatto odiare tutta la storia.

Noi sull'ultima guerra si teneva quattro ore senza respirare. 

geografia gli avreste fatto l'Italia per la seconda volta.

Avrebbe lasciato la scuola senza aver sentito

rammentare tutto il resto del mondo. 

Gli avreste fatto un danno grave.

Anche solo per leggere il giornale. 
Sandro in poco tempo s'appassionò a tutto.

La mattina seguiva il programma di terza.

Intanto prendeva nota delle cose che non sapeva

e la sera frugava nei libri di seconda e di prima.

A giugno il “cretino”; si presentò alla licenza

e vi toccò passarlo. 

Gianni fu più difficile. Dalla vostra scuola era uscito

analfabeta e con l'odio per i libri. 
Noi per lui si fecero acrobazie.

Si riuscì a fargli amare non dico tutto, ma almeno qualche materia.

Ci occorreva solo che lo riempiste di lodi e lo passaste in terza.

Ci avremmo pensato noi a fargli amare anche il resto. 

Ma agli esami una professoressa gli disse:- perché vai a scuola privata?

Lo vedi che non ti sai esprimere? 
Lo so anch'io che il Gianni non si sa esprimere. 

Battiamoci il petto tutti quanti.

Ma prima voi che l'avete buttato fuori di scuola l'anno prima. 
Bella cura la vostra. 

Del resto bisognerebbe intendersi su cosa sia lingua corretta.

 Le lingue le creano i poveri e poi seguitano a rinnovarle  all'infinito.

ricchi le cristallizzano per poter sfottere chi non parla come loro.

O per bocciarlo. 

Voi dite che Pierino del dottore scrive bene.

Per forza, parla come voi. 

Appartiene alla ditta. 

Invece la lingua che parla e scrive Gianni

è quella del suo babbo.

Quando Gianni era piccino chiamava la radio lalla. 

E il babbo serio:- Non si dice lalla, si dice aradio. 

Ora, se è possibile,

è bene che Gianni impari a dire anche radio.

La vostra lingua potrebbe fargli comodo.

Ma intanto non potete cacciarlo dalla scuola.  

"Tutti i cittadini sono uguali senza distinzione di lingua"; .

L'ha detto la Costituzione pensando a lui.>>