Il Beato don Vincenzo Grossi nacque a Pizzighettone (Cremona) il 9 marzo 1845. Ricevette il battesimo lo stesso giorno della nascita. Dalla mamma imparò a vivere di fede e preghiere, mentre dal papà l’impegno e la serietà nel lavoro.
Avrebbe desiderato entrare presto in seminario, ma il papà – anche per esigenze familiari – volle provare la vocazione del figlio. Solo a 19 anni potè realizzare il suo desiderio.
Don Vincenzo celebrò la sua prima messa nella cattedrale di Cremona il 22 Maggio 1869.
La Messa sarà sempre il centro della sua vita: da essa attingerà luce e forza per se e per l’apostolato. Dirà alle sue Suore: "il Prete è obbligato ad esprimere quaggiù la vita augusta di Gesù in cielo ed a continuare quaggiù quella vita che Gesù avrebbe condotto, se fosse stata volontà del Padre che in terra vivesse sempre".
Dopo aver perso il padre, la madre gli rimase accanto per parecchio tempo, intervenendo con le sue segrete elemosine per saldare i debiti parrocchiali di suo figlio. Nel 1872 diventò economo spirituale di Ca’ de Soresini. L’anno dopo gli fu affidata la sua prima parrocchia: Regola. Ai fedeli, specie ai ragazzi e ai giovani, non solo aprì il suo cuore, ma anche la sua casa.
Riordinò la Chiesa, predispose una catechesi sistematica; fu magnanimo nella carità verso tutti. Regola divenne “il conventino della diocesi”.
Sua costante preoccupazione fu la gioventù. Era felice di avere attorno tanti giovani. Anche alle Figlie dell’Oratorio insegnerà ad amare molto la gioventù: anzi le voterà alla sua educazione cristiana. La sua linea pastorale può essere riassunta in un pensiero da lui pronunciato in una predica domenicale: "il nostro cuore, quando è pieno d’amore di Dio, non sa cosa farne degli altri amori. Capite? All’opera, dunque!".
L’insistenza del vescovo Bonomelli gli fece accettare il 28 dicembre 1882 la parrocchia di Vicobellignano, dove rimarrà per 34 anni. La parrocchia era in forte disagio per il lavoro dei protestanti. Il vescovo, infatti, gli scriveva: "Quella parrocchia ed in generale quelle parti domandano parroci pieni di zelo, disinteressati, esemplari, di carità grande, di somma prudenza e istruiti: queste doti io le ravvedo in voi e sono certo di non ingannarmi… io spero che in 10 anni rialzerete quella parrocchia e farete scomparire l’errore."
Fu profeta. Con intensa preghiera e con dedizione generosa, il Beato trasformò il paese in una vera comunità spirituale: fu pastore zelante, guida del proprio gregge con la parola e con l’esempio.
Don Vincenzo non era uomo dai molti libri, ma piuttosto di profondo studio. Si ritirava spesso a leggere ed a scrivere. Preparava diligentemente tutte le sue prediche per il popolo e più tardi le lezioni alle sue suore. La sua predicazione era frutto della preghiera e della meditazione.
La sua Messa quotidiana era preceduta da lunga preparazione. La celebrazione era semplice, ordinata, profondamente esemplare nelle parole e nei gesti. La sua anima era tutta tesa al Signore.
Spesso era richiesta dai sacerdoti delle diocesi e di fuori, dove si portava come predicatore delle “missioni al popolo”. Non aveva esigenze particolari, gli bastava una povera borsa da viaggio, con il breviario e l’orologio da contadino.
Nel 1885 fondò la prima comunità delle Figlie dell’Oratorio per la gioventù femminile. Scrisse le regole in ginocchio davanti al Tabernacolo. Il Beato alle suore dirà di non distinguersi che nella santità e nella gioia: affiderà loro come patrono S. Filippo Neri, il santo della letizia spirituale.
Morì il 7 novembre 1917, pronunciando le parole: "la via è aperta: bisogna andare". Pochi giorni prima, alla Maestra delle Novizie, disse: "Procurate di non lamentarvi mai; cercate anzi di gioire quando le cose vanno all’opposto dei vostri desideri". La sua morte, serena e totalmente offerta a Dio, chiudeva una vita esemplare e generosa.
Il primo novembre 1975 Paolo VI lo beatificava additandolo come esempio a tutti i sacerdoti ed ai parroci del mondo. Le sue reliquie riposano presso la Casa Madre di Lodi.