Natuzza Evolo

Natuzza Evolo

 

E nata il 23 agosto 1924 a Paravati, frazione di Mileto, un paesino di tremila abitanti nella nuova provincia calabrese di Vibo Valentia. Il papa, Fortunato, non l'ha mai conosciuto, perché alcuni mesi prima della sua nascita era partito con una valigia di cartone per l'Argentina e non è più ritornato. Sua madre, Maria Angela Valente, ha dovuto arrangiarsi per racimolare un pezzo di pane, quando non era la piccola Natuzza (diminutivo di Fortunata) ad andare a mendicarlo al forno del paese.

Cresce in queste condizioni, senza mai andare a scuola, quasi facendo da mamma agli altri figli che la signora Angela ha avuto, frequentando però il catechismo con assiduita, ma senza particolare fervore. A otto anni riceve la "visita" di san Francesco di Paola - grande santo calabrese (1416-1507) - e le sembra una cosa del tutto normale. Quando riceve la prima Comunione,  invece, si accorge che la sua bocca si riempie di sangue. Lei lo inghiotte, pensa di "aver mangiato" Gesù e diaver fatto peccato, ma ha paura di dirlo al sacerdote e torna a casa contrita.

Erano i primi segni di un'anima privilegiata, che si moltiplicheranno qualche anno più  tardi quando, verso la fine del 1938, Natuzza va a servizio nella casa dell'avvocato Silvio Colloca a Mileto. È una ragazza svelta nei mestieri di casa, molto obbediente e schiva, che presto si conquista la fiducia dei Colloca, i quali le affidano anche le chiavi della cassetta dei soldi.

Ma un pomeriggio, quando la signora Alba Colloca offre il caffè ad alcuni ospiti, Natuzza le chiede come mai non lo avesse dato anche al sacerdote. «Scusa, quale sacerdote?» «Quello seduto con gli altri due signori» le risponde Natuzza. La signora torna in salotto, riferisce l'episodio e uno dei due ospiti racconta che suo fratello, morto da anni, era prete. Natuzza comincia a descriverlo alla perfezione. Era lui.

Nei giorni e nei mesi seguenti, Natuzza vede altri defunti, e spesso si tratta di parenti dei Colloca o di loro amici. Nel giugno del 1939 comincia ad avere perdite di coscienza e svenimenti (poi rivelatisi stati di estasi), e una volta ritornata in sé racconta di aver visto e parlato con Gesù e la Madonna, la quale le ha detto di fare la Comunione per i primi nove venerdì di nove mesi.

Un altro giorno la sentono bisbigliare: «Attenti a non far cadere quei bicchieri, sennò la signora mi sgrida!». Natuzza dice che stava parlando con alcuni angeli che erano venuti a trovarla. E quando, all'età di quindici anni, torna a casa Colloca dopo aver ricevuto la Cresima, si accorge che la maglietta è bagnata. La toglie e scopre che si è formata una grande croce di sangue.

Non sarà che quella dei Colloca è diventata la casa degli spiriti? La famiglia è un po' preoccupata, perché già in paese si mormora di queste visioni della sua  domestica e la sola ombra di un sospetto, in una Calabria contadina e arretrata, potrebbe avere conseguenze nefaste per lo studio legale. Natuzza viene così portata in chiesa per alcune benedizioni esorcistiche di padre Antonio Albanese.

La sera, durante la cena, i coniugi Colloca discutono sottovoce di cosa fare di quella ragazza tanto buona ma tanto strana e adombrano l'idea di rispedirla a casa sua, a Paravati. Ma quando la signora entra nella cameretta di Natuzza per iniziare quel ragionamento, la trova in un mare di lacrime. Fra un singhiozzo e l'altro dice alla padrona: «E venuta una signora che mi ha detto che è sua madre e che voi volete cacciarmi di casa!». La signora Alba la rassicura, mentendo. Ma il giorno dopo Natuzza le chiede: «Perché vostra mamma parla con la voce abracatizza?». La signora quasi sviene: sua madre era infatti morta alcuni anni prima di un tumore alla gola e quindi parlava con la voce roca,abracatizza in dialetto calabrese. E quando le mostra una foto della mamma scomparsa, Natuzza non ha dubbi: «Sì, è proprio quella che è venuta a trovarmi ieri sera».

Nel 1941 Natuzza lascia i Colloca e va ad abitare nella casa della nonna materna. Pensa di farsi suora, ma viene presto dissuasa: è troppo povera e poi quei suoi fenomeni avrebbero turbato la vita di qualsiasi convento. E allora decide di sposarsi. Il 14 agosto 1943, si unisce in chiesa a Pasquale Nicolace, un giovane falegname che era però arruolato nell'esercito.

Il matrimonio avviene quindi per procura e dopo un "contratto": lui deve accettare di non avere una moglie  come le altre e permettere a Natuzza di dividere il suo tempo tra la famiglia e il prossimo. Pasquale accetta, e dal felicissimo matrimonio nascono Salvatore (1945), Antonio (1947), Anna Maria (1950), Angela (1954) e Francesco (1956). Adesso hanno anche undici nipotini.