Parola del giorno- Lc 15, 1-3. 11-32

10.03.2012 22:45

Dal vangelo secondo Luca- Lc 15, 1-3. 11-32
In quel tempo, si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: 
«Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

 
Il Dio di Luca 
Luca, dei quattro evangelisti, è quello che maggiormente ha dovuto fare un balzo dalla propria visione di Dio a quella di Gesù. 
Lui, greco di Antiochia, è abituato ad una religiosità legata a dèi capricciosi e simili in tutto a noi uomini. Quale tuffo nel cuore deve avere provato quando ha sentito quel tale di Tarso parlare di Dio in maniera assolutamente innovativa! Dio, diceva Paolo, è un Padre pieno di ogni tenerezza, lontano anni luce dalle nostre fobie e dai nostri timori. 
Luca ha creduto al Dio di Paolo, ha ricevuto il Battesimo e si è messo alla sequela del Maestro Gesù, l'ebreo. Poi, dopo molti viaggi, dopo molta gioia, dopo una vita passata a informarsi, ci restituisce, in tre parabole che sono come tre perle preziose, la sintesi del volto di Dio. 

Il Dio di Gesù 
Dio è misericordia dice Luca; Dio è misericordia anticipa il suo maestro Paolo nella seconda lettura. La misericordia esprime l'onnipotenza di Dio, l'amore infinito, tenero ed adulto, carezzevole ed esigente, è il volto di Dio. 
Ma allora perché continuiamo a pensare a Dio come a un vigile, un giudice, un severo preside? Perché ci ostiniamo a tenerlo ben lontano dalle nostre vite relegandolo nelle chiese e nei ritagli di tempo che dedichiamo alla religione? 
La nostra triste fede pensa alla vita in Cristo come ad un pegno da pagare all'onnipotenza di Dio, non come ad un incontro di pienezza e di festa! Occorre convertirci alla tenerezza di Dio, occorre osare e pensare ciò che Lui è venuto a testimoniarci. 
Le parabole ascoltate gettano una spallata definitiva alla nostra mediocre visione di Dio per spalancare la nostra fede alla dimensione del cuore di Dio. Convertirsi significa passare dalla nostra prospettiva a quella inaudita di Dio e questo significa fare come Lui. 
Noi diciamo: "Ti amo perché sei amabile, te lo meriti, perché sei buono". 
Dio dice: "Ti amo con ostinazione e senza scoraggiarmi perché so che il mio amore ti renderà buono". 
C'è una bella differenza! In fondo in fondo costruiamo una vita di fede orientata intorno ai nostri meriti. Nessuno si merita l'amore di Dio. Il suo amore è assolutamente gratuito, libero, pieno. Dio non ci ama perché siamo buoni, ma amandoci senza misura ci rende buoni, aprendoci alla speranza. La cura meticolosa con cui il pastore insegue la pecora lontana è il segno di questo amore di Dio per chi sperimenta di essersi "perso". 

Felice colpa! 
L'esperienza del peccato, che è questo "perdersi", diventa occasione per un incontro più duraturo e autentico con questo Dio che ci perseguita con il suo amore. 
Ben lontano dall'avere una visione poetica o approssimativa del peccato, Luca sa che l'esperienza di sofferenza interiore che è il peccato, questo smarrimento, questa lontananza da Dio e da noi stessi, può diventare un incontro che salva, che ci aiuta a ripartire con maggiore autenticità e coraggio. 
La nostra fede non si fonda sulle nostre capacità, sulle nostre devozioni, sui nostri sforzi, ma sull'ostinazione di Dio che ci cerca. 
Prendere coscienza di questo significa aprirsi alla festa, partecipare, come la donna che ritrova la moneta perduta, alla festa che Dio fa per chi si lascia incontrare. 
I giusti, quelli che si sentono a posto, col notes dei meriti completo, non potranno mai, purtroppo, sperimentare la gioia di essere caricati sulle spalle del Pastore. Come il figlio maggiore della parabola del Figliol Prodigo "non entrano" in questa prospettiva, in questa mentalità. 
Chiusi nelle loro poche certezze, non possono allargare il cuore nella gioia del Padre. 
Quando, finalmente, le nostre comunità capiranno il Vangelo della misericordia e, con semplicità, lo faranno diventare metro di giudizio del loro agire, la Chiesa tornerà a diventare faro che illumina il cammino degli uomini. 
Che il Dio della misericordia ci aiuti!  Chiedo scusa per aver aggiornato con ritardo il blog ma impegni pastorali mi hanno tenuto occupato per tutta la giornata. Buona serata a tutti. Luigi!